Dalla malattia alla salute : una teoria diversa che ispira la cura e la guarigione
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  • Immagine del redattorePaola Dall'Ora

Dalla malattia alla salute : una teoria diversa che ispira la cura e la guarigione

Relazione presentata dalla Dr.ssa P. Dall'Ora al III Convegno di oncologia integrata il 3 marzo 2019 a Modena

“Genetica e Medicina Integrata in Oncologia e Psiconcologia: come utilizzare la mappa del nostro DNA per traguardi di prevenzione e salute”

L’avere incontrato ancora studente di Medicina un problema di salute ha condizionato non poco la mia esperienza di medico in erba, rapidamente catapultata, allora, in quella di “ paziente “, e ha credo contato nella scelta successiva di specializzarmi in Psichiatria, e quindi di optare per una formazione psicoanalitica.

Oggi mi appare come un lungo viaggio progressivo dal mondo della materia e del “visibile“ ad aspetti sempre più “invisibili“ della salute e della sofferenza umana.

L’avere superato quell’intoppo con le mie giovani forze di allora non mi ha risparmiato alcune delle conseguenze delle terapie oncologiche, caratterizzate anch’esse da un lungo lento viaggio di tossicità decrescente (sicuramente più elevata negli anni ’80) e di effetti collaterali che rappresentano a tutt’oggi un costo spesso alto per il paziente in ambito oncologico.


Da più di 30 anni la mia attività di psichiatra e di psicoanalista è cresciuta in parallelo ad un impegno e ricerca nell’ambito di pratiche e discipline orientali, che mi ha portato a conseguire il grado di cintura nera di Taijiquan ed una formazione al suo insegnamento, e anche in questo ambito ho conosciuto un progressivo rivolgermi ad aspetti sempre più sottili, come nel successivo sviluppo, con una ulteriore formazione, verso lo studio, la pratica e l’insegnamento del Qigong, un’Arte di Auto-guarigione che è ancora poco conosciuta in Italia in tutto il suo spessore.

E’ negli ultimi 10 anni che il mio bagaglio professionale si è arricchito di questo strumento terapeutico che mi ha portato ad aggiungere al mio studio principale in Milano uno studio adiacente adatto all’impiego di tecniche e pratiche di qigong medico, dove seguo, accanto agli strumenti tradizionali della mia formazione di psichiatra e psicoanalista, pazienti affetti da disturbi psichici e della interiorità e pazienti affetti da disturbi fisici cronici.

Ed è di questo approccio alla cura e alla guarigione che vorrei parlare, ritenendolo una parte interessante dei molteplici strumenti terapeutici di una Medicina Integrata.


Il Qigong è sicuramente un’arte millenaria, radicata nella Medicina energetica cinese, ma è anche un corpo di conoscenze e di teorie che nel secolo scorso è entrato in un dialogo interessante con il meglio del pensiero occidentale contemporaneo, e molto deve sia alla attenta frequentazione delle acquisizioni della fisica del ‘900 sia al ricco bagaglio del pensiero taoista, buddista e confuciano.

Un filone interessante di pensiero e di concezione della cura e guarigione proviene dal “Zhineng Qigong“, fondato da un medico cinese il Prof. Pang Ming, con una formazione sia nella medicina occidentale che in quella energetica cinese.

Il fondamento teorico di questa scuola di pensiero recupera un aspetto presente nell’antico pensiero cinese che riconduce tutto nell’universo ad uno stato indifferenziato originario, in questo contesto chiamato “Hunyuanqi originario”, una sorta di matrice energetica comune di tutta la realtà.

Ogni cosa è costituita di tre livelli con cui tale energia originaria si manifesta : si va dal livello più condensato di essa, la materia, ad un livello intermedio, l’energia, fino al livello più sottile, l’informazione.

Al livello della informazione, l’aspetto della energia e della materia sono “nascosti “ e presenti a livello di pura potenzialità. Anche nel livello della energia vi è un aspetto nascosto essendo quello in cui l’energia vibra ad una frequenza più veloce che non la fa ancora collassare nella materia visibile.

Questi tre livelli sono sempre compresenti in quell’intero che è ogni oggetto dell’universo, e la mente umana può sviluppare, con opportuno allenamento e coltivazione, la capacità di percepire anche i livelli “nascosti“ della realtà.

Ad esempio, giungendo a percepire il livello di hunyuanqi ( nelle sue diverse forme ) all’interno e attorno al corpo di una persona, quello che qui viene chiamato “un campo di Qi“ in questo caso corporeo.

Un principio fondamentale di questa concezione della cura consiste nella possibilità di accumulare sempre più Hunyuanqi all’interno del corpo e della Coscienza per poter avviare delle trasformazioni del campo energetico di un organo malato che possono giungere a trasformarne l’aspetto materiale riportandolo ad un livello energetico più elevato: si ritiene che la mente possa giungere ad influenzare il grado di condensazione (materia) e dispersione (energia) della Hunyuanqi nel corpo umano.

Il motore primo di queste trasformazioni è la possibilità di avviare delle trasformazioni dello stato di coscienza che facilitino il passaggio da un corpo fisico (o meglio da un corpo pensato e curato come solo corpo fisico) ad “un corpo di qi“ in cui si renderebbe possibile il salto dalla materia all’energia: questo porterebbe a concepire che un tumore possa dissolversi, un calcolo renale sciogliersi, un osso aggiustarsi più velocemente.


Anche in questa tradizione, una parte importante delle pratiche è l’uso di suoni, ovvero di vibrazioni che avrebbero il potere curativo di riallineare energeticamente le cellule e i tessuti interni ad un livello più elevato, soprattutto dal punto di vista della armonia e coerenza interna indispensabili per un funzionamento ottimale. Gli studi sulla natura vibrazionale del DNA possono aprire la strada ad una fondazione scientifica dell’efficacia che queste discipline hanno nel dialogare con l’intima natura delle cellule e dei tessuti tramite vibrazioni ovvero suoni curativi.


Ho prima accennato al concetto di campo di Qi, quella emanazione di energia che proviene dall’interno e intorno di ogni cosa dell’universo.

Ogni cosa ha un suo campo di Qi. Il campo di qi dell’uomo interagisce con quello di altre persone e con la natura circostante. Anche se non ne siamo consapevoli, c’è questa intima connessione, quello che fa la differenza è di rendere più cosciente questo collegamento con le energie sottili dell’ambiente, umano e non.

Un insieme di persone accomunate da opportune pratiche crea un campo di qi che rappresenta molto più della somma dei singoli campi energetici individuali.

Il campo di Qi è cioè un moltiplicatore di energia, e questo in ambito curativo è un aspetto molto importante: l’informazione che viene posta dalla mente di chi conduce l’esperienza curativa dà una forma al campo di qi e allinea energeticamente inizialmente la mente dei partecipanti, e quindi coinvolge i livelli energetici interni ai singoli individui. La voce umana, veicolo del messaggio informativo, ha un ruolo importante, ma ancora di più è l’intenzione, il modo di pensare ad esempio la situazione di salute di una o più persone.

In questo approccio, una persona che si presenta come un paziente, con la sua storia di malattia, viene ascoltata attentamente ma vista percepita e pensata nella sua interezza, quindi anche come persona capace di salute e di guarigione. Anzi, direi che vi è un drastico spostamento di accento dalla nominazione, classificazione, stadiazione della malattia alla trasmissione di una informazione che trasmette speranza e possibilità di cambiamento e sviluppo, in una piena assunzione di responsabilità della propria salute.

Interessante a questo proposito che la parola “Hunyuan“ significhi, oltre che energia pura originaria, reagire, tornare all’uno.


Questo approccio è stato sperimentato su larga scala a partire dal 1988, anno di apertura del Centro Huaxia, nel 1992 trasferitosi a Qinhuangdao, e poi nello Hebei, nel nord est della Cina, a poche ore di treno dalla città di Pechino: il centro, animato dalle idee del Prof. Pang Ming, con la capacità di ospitare fino a 4000 residenti, tra pazienti, insegnanti e medici, è stato uno degli ospedali più grandi al mondo che cura senza medicine.

I pazienti, non appellati come tali ma come “studenti“ dell’arte di auto-guarigione restavano al centro per un periodo di almeno 24 giorni, e venivano sottoposti all’ingresso e alla uscita ad esami e valutazioni cliniche, e quindi inseriti in un programma di pratiche che li vedeva impegnati circa otto ore al giorno. ( Nel 2000, dopo 12 anni di attività, il Centro ha dovuto chiudere a causa di un divieto del governo cinese di pratica di qigong per gruppi di più di 50 persone in seguito agli avvenimenti legati alla scuola Falun gong ).

Nel leggere le testimonianze degli “studenti” guariti al di là di ogni previsione prognostica severa da malattie quali cancro, diabete, malattie auto-immuni, gravi forme di malattie psichiche non responsive ai consueti trattamenti, risulta centrale l’importanza di praticare in gruppo, costituendo, opportunamente guidati, un potente campo di qi di guarigione.


L’intensità dell’impegno richiesto dalle ore quotidiane di pratica consentiva di non focalizzarsi sulla malattia e di concentrare tutta la propria intenzionalità in un processo di guarigione.

Vorrei soffermarmi su questo punto.

Nel novembre del 2018 ho trascorso un intero mese in una località del sud della Cina per partecipare ad “un ritiro di guarigione“ che molto si ispira a questo modello.

Vi ho partecipato come medico, curiosa di comprendere cosa e come accadeva quel che accadeva e come persona che ha sempre da imparare a rafforzare la propria salute : un crinale su cui viaggio quando affermo di “volere guarire“ , verbo che nella nostra bella lingua italiana si riferisce sia al desiderio di guarire qualcuno (transitivo) sia di guarire se stessi (intransitivo), sempre più convinta che la forza di guarigione di un terapeuta si fondi sulla propria capacità di auto-guarigione.


In questo mese ho praticato sette/otto ore al giorno al fianco di 150 persone provenienti da più di 20 paesi del mondo che per caso apprendevo essere affette da patologie rilevanti, dico per caso perché l’atmosfera era molto lontana da quella consueta di un ospedale .

Si potrebbe dire che le malattie dei singoli diventavano invisibili, ben presenti nel guidare verso questa o l’altra pratica, ma lasciate sullo sfondo di giornate intensissime che evidenziavano piuttosto quello che le persone sapevano fare o volevano imparare a fare.

Nel campo di qi le persone traevano forza reciproca nel superare anche grosse difficoltà (come ad es. una donna colpita anni prima da una encefalomielite con importanti conseguenze sul piano neuromuscolare) in un’atmosfera solidale che faceva sembrare possibile quello che sembrava impossibile, e diventava possibile!

La valorizzazione delle risorse delle persone, e lo stimolo ad impegnarsi e ad imparare cose nuove è molto lontano dall’atmosfera di mortificazione e di passivizzazione che si respira nei nostri ospedali.

L’invito a non focalizzarsi sulla malattia e a dis-identificarsi dalla parte di malato si basa su di un invito a dimenticare che mi pare agli antipodi del modello consueto della medicina corrente, portata a ricordare continuamente la malattia, e, vien il dubbio, a rischiare di alimentarla.


Un aspetto fondamentale del campo di qi terapeutico è infatti l’informazione di salute che viene data, una immagine sana di sé che viene coltivata, ribadita, creata con vari strumenti, inclusa la visualizzazione. La mente del praticante impara ad aprirsi all’energia dell’universo e a concentrarla negli spazi interni del corpo, soprattutto nei luoghi di malattia, pensandoli già sani e risanati. Si aggiungono pratiche di “mandare il qi“ che supportano dall’esterno questo atto curativo fondamentalmente dall’interno.

Se vado con la mente alle nostre diagnosi istologiche (“ alto grado di malignità “) o ai nostri follow-up, e alle prognosi che spesso vengono emesse come sentenze viene da chiedersi:

Che tipo di campo energetico alimentiamo? Questo bagaglio di informazioni di malattia non rischia di alimentare la malattia stessa?

Se, come ormai sappiamo dalle nuove frontiere della fisica moderna, l’osservatore modifica il suo campo di osservazione, creando la realtà che esamina in base a quello che ha nella mente, che cosa stiamo creando nell’era degli esami, dei protocolli e delle prognosi basate sui cosiddetti grandi numeri?

Questo organizzare i controlli per ricordare un pericolo e alimentare uno stare continuamente all’erta non rischiano di avere come perno la paura anziché la verifica ad esempio di quali passi la persona sta compiendo, di quanto la malattia ha cambiato lo stile di vita e la visione della vita stessa?

E qual è il campo di qi di una corsia o di un ambulatorio? E quello che emana dal personale sanitario?


Quello che ho constatato nella mia personale esperienza in Cina è l’importanza che viene data per avviare un processo di guarigione al sostenere un profondo cambiamento della mente e questo non si limita al favorire un atteggiamento positivo e reattivo nei confronti della malattia ma implica un impegnativo allenamento, fisico e mentale che si basa su questo principio: si ritiene che lo “Hunyuanqi umano“ possa essere guidato dalla mente, ad esempio assorbendolo dall’esterno e conducendolo all’interno del corpo nei luoghi di malattia che vengono ricondotti a dei blocchi di qi, in cui la materia versa in un livello energetico disorganizzato. Convogliare energia in questi luoghi del corpo mira a modificare lo stato energetico dell’organo, un processo che è avviato dalla mente che importa una informazione di salute che modifica il campo energetico e che può giungere a trasformare la materia.

In questa concezione materia energia e informazione sono posti su un continuum di reciproca trasformazione in cui la mente gioca una parte fondamentale.

La coscienza, usando qi esterno e mobilizzando quello interno, è vista nella sua potenzialità di cambiare il qi del corpo, ad esempio cambiando il campo di qi di un tumore.

Il mezzo curativo per eccellenza è quello in cui la coscienza manda un'informazione al corpo.

L’informazione importata può essere sotto forma di immagine, ad esempio la visualizzazione della parte colpita da malattia come sana, funzionante, o sotto forma di concetto o di pura intenzionalità, ancora prima di una immagine o di un concetto: la trasmissione di una pura intenzionalità di salute.


L’intero campo di qi gruppale, e questo si respirava a pieni polmoni nella mia recente esperienza in Cina, è continuamente rifornito di “buone informazioni“ che organizzano e motivano il campo di qi in cui le persone praticano.

Si ritiene fondamentale, ai fini di un cambiamento dello stato di salute complessivo di una persona, il modo in cui viene pensata e la qualità dei pensieri che la raggiungono e che lei stessa emette.

Se vengo trattata come una persona malata, pensata come malata, se ricevo delle previsioni di malattia ( le nostre prognosi su di una base statistica di probabilità ), se vengo posta a sedere per ore nella sala d’attesa di un ospedale che ribadisce continuamente una informazione di malattia contribuisco a mantenere una informazione di malattia.

Al contrario, se creo un campo di informazioni positive in cui la persona recupera gradualmente fiducia nelle proprie possibilità creo salute e indebolisco la malattia anziché rischiare di alimentarla.


Dedita come sono da anni, parallelamente al mio ruolo di medico della mente, a pratiche corporee, sono rimasta molto colpita dalla importanza che le pratiche fisiche hanno in questo approccio.

Pratiche che trasformano il corpo, rendendolo più forte e più flessibile, oltre che aprirlo ad un lavoro energetico che consenta di “pulire“ i canali dell’energia che lo attraversano.

Ben noti sono gli effetti di una pratica fisica regolare sul tono dell’umore, sul buon funzionamento del sistema immunitario e su condizioni interne come i livelli di zuccheri nel sangue, da cui l’importanza di creare un ambiente interno che sfavorisca la riproduzione di cellule tumorali, ma credo ci sia qualcosa di più: vedere persone anche molto malate impegnate per ore in esercizi fisici di difficoltà crescente le trasformava di giorno in giorno in quell’isola tropicale in cui mi trovavo pochi mesi fa. In particolare, una pratica chiamata “saliscendi“* che viene eseguita davanti ad un muro o ad un albero, implica un ripetuto sprofondare e poi rialzarsi, e poi rialzarsi ancora che credo non abbia solo un significato fisico ed energetico (se ne esce dopo centinaia di ripetizioni con un senso di grande vitalità) ma anche un significato più ampio di accettazione e di resa al problema posto da una malattia (la fase in cui si sprofonda verso la terra) e di riorganizzazione attiva sulla propria verticale umana (la fase in cui ci si rialza ogni volta con il corpo diritto) in un ritrovato senso della propria umanità.


Vorrei concludere queste mie riflessioni con il linguaggio meno ragionante e più diretto di una mia poesia, scritta in un passato di malattia da cui mi sono pienamente rialzata.


SGUARDI


Non chiamiamoli controlli,

quel tipo di parola che apre

voragini di ansia vertiginosa,

malcelata

dall’anglofono “follow up“,


non mi garba nemmeno

il semplice “appuntamento“,

un tipo di parola che voglio tenere in serbo

per la speranza

di faccende amorose,


chiamiamoli sguardi:

Quando vengo a farmi vedere, dottore?,


sapendo che lo sguardo umano

è oggi ampliato

da occhi metallici di macchinari

da fantascienza,

verso i quali va tutta

la mia ambivalenza

e profonda diffidenza

(sguardi ionizzanti che fanno male).


Quando torno a farmi vedere, dottore? ,

Che cosa, e quanto di me sei disposto

a vedere?


Non chiamiamoli controlli,

ma Sguardi,

prevalentemente Umani.

Sperabilmente


Dr. Paola Dall’Ora

Medico spec. Psichiatria, assoc. Società Psicoanalitica Italiana, iscritta all’Albo Psicoterapeuti di Milano, insegnante qualificato di Taijiquan e Qigong .


* Vedi qui l'esercizio: https://youtu.be/LnWhjVeDedg

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