La pratica di qigong nasce dal non fare, dal lasciare andare
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  • Immagine del redattoreAmanda Carloni

Qigong e stato di vuoto ma non vuoto

Apprezzare ciò che c’è, grazie a quello che non c’è di A. Carloni




Nella pratica e nella teoria del Qigong si parla spesso del concetto di vuoto: molto diverso da quello occidentale a cui sono culturalmente associate le accezioni negative di mancanza e assenza, il vuoto orientale è considerato la “madre di tutto quanto esiste”.


Uno dei passaggi di comprensione fondamentale nel percorso della pratica avviene quando ci rendiamo conto che è lavorando a togliere e lasciar andare blocchi, rigidità e sovrastrutture dall’intero di corpo e mente che possiamo progredire verso lo stato di esseri umani autentici, consci del proprio potenziale e capaci di attuarlo.


Come scritto nel capitolo 11 del Dàodéjīng di Lǎozi,


Trenta raggi convergono in un solo mozzo

E’ quello che non c’è a rendere utile il carro

L’argilla viene modellata per fare un vaso

E’ a causa del vuoto che il vaso è utile

Si aprono porte e finestre per fare una stanza

E’ grazie al vuoto che la stanza si può usare

Quindi, quello che c’è è utile

Grazie a quello che non c’è.


Le espressioni cinesi a cui si fa riferimento quando in italiano si parla di stato di “vuoto ma non vuoto” sono essenzialmente tre:


1. xū kōng 虚空 (pronunciato sciü cong), che indica uno spazio vuoto e vasto come il cielo e l’universo.


2. kōngkōng dàngdàng 空空荡荡 (pronunciato simile a come è scritto, solo la “g” finale non si pronuncia e serve a nasalizzare la “n”) – letteralmente “completamente vuoto”, descrive lo stato di vuoto “positivo” inteso, al livello degli esseri umani, come assenza di rigidità della mente da cui sorgono le intuizioni funzionali all’evoluzione delle capacità superiori della coscienza.


3. huǎnghuǎng húhú 恍恍惚惚 (pronuncia come 2.) – letteralmente “indefinito e nebuloso, vago e indistinto” indica lo stato della percezione diretta dell’esistenza del Dào 道, indescrivibile a parole e per questo vuoto di categorie mentali ordinarie ma allo stesso tempo non vuoto, perché è la fonte stessa della vitalità intrinseca a tutto l’universo.


Quest’ultima espressione si ritrova nella prima parte del capitolo 21 del Dàodéjīng di Lǎozi,


La magnanimità degli esseri umani di grande virtù

Segue l'ordine del Dao

L'ordine del Dao

È vago e indistinto

Vago e indistinto, ma porta in se’ stesso la forma

Vago e indistinto, eppure ha la materia al suo interno

Sebbene profonda e oscura, reca l'essenza dentro di sè

L'essenza è reale; la verità è dentro.


Quando iniziamo a percepire nell’esperienza diretta della pratica che è dall’assenza di giudizio limitato e parziale che sorge il discernimento limpido – per esempio lasciando andare i preconcetti su “questo esercizio è faticoso, non mi piace, mi è antipatico” e tuffandoci nell’esperienza aperta e imparziale, che sola ci offre gli strumenti di crescita reale - allora possiamo “apprezzare ciò che c’è, grazie a quello che non c’è”. Le chiusure mentali e le resistenze si sciolgono e dalla loro assenza emergono salute, serenità e saggezza, nella connessione diretta a ciò che è “vago e indistinto, eppure ha la materia al suo interno, sebbene profonda e oscura, reca l’essenza dentro di sè.”



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