L'amore alla guida del qigong
- Sabina Cini
- 3 giorni fa
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Per una pratica di qigong in cui l'amore sa ascoltare di S. Cini

Che cos'è che mi ha portata nove anni fa ad innamorarmi della pratica del Qigong e soprattutto a non interrompere questa relazione? Me lo chiedo spesso, me lo chiedo soprattutto, quando vedo l'andirivieni di tante persone, che sembrano innamorate e che si allontanano dopo un po'. Il problema principale è che si identifica la pratica come un qualcosa da 'aggiungere' , un altro 'da fare' . In un primo tempo è così: uno strumento che si integra alla routine giornaliera, un'aggiunta ai compiti. Ma col tempo mi sono accorta che non è così: è un togliere, creare spazio, darsi l'opportunità per fare silenzio e ascoltare la propria voce. L'attenzione in genere è sempre esteriorizzata, se non creo l'abitudine a stare in ascolto e a osservare l'interno, questa opportunità evapora.
Dal primissimo seminario, sono stata guidata a osservare l'interno attraverso la lente d'ingrandimento del cielo azzurro e nella voce che guidava i movimenti ho trovato la traccia che mi faceva ritornare a casa. Nella forma di primo livello, anche semplicemente imitare i movimenti di tui-rou (tira e spingi) ha creato nuovi sentieri, un trait d'union tra il corpo e il cielo, la terra e i piedi e altri percorsi più nel profondo che ho visto affiorare col tempo: come osservare una mappa che poco per volta rivela sentieri e paesaggi inesplorati. Certo ci vuole tempo e costanza per scoprire che le strade che vengono tracciate non sono ulteriori fardelli al nostro quotidiano, ma destrutturano i limiti in cui ci siamo rinchiusi senza accorgersene.
Però ce ne possiamo dimenticare, come si dimentica una passeggiata dove le lucciole illuminavano il lago, l'odore dei fiori di tiglio, o il gusto delle ciliegie appena colte. Nel 'fare' quotidiano non c'è tempo per sentirsi 'cielo' e la pratica di Qigong serve a questo, a ricordare. Lo scambio con la natura è costante in ogni respiro, ma senza la consapevolezza, manca la luce per accorgersene. Così nel movimento di 'tirare e spingere' ci si trova sostenuti, le rigidità e i dolori si trasformano e come avviene nella pratica, accade anche nei momenti della giornata, in cui ci troviamo bloccati nel mentale o avvertiamo blocchi fisici. Ogni volta che il respiro diventa breve e superficiale, ogni volta che le parole si rincorrono rispecchiando la mente agitata, tornare a quel movimento di apertura e chiusura è per me vitale, ma se trascuro la pratica, trascuro il mio centro e me stessa. Quindi perché pratico? Perché ho sete di ritrovarmi più spesso possibile, ho fame di quella sensazione di esserci totalmente, e mi accorgo che se tralascio il Qigong il vortice del 'fare' mi inghiotte, mi lascio trasportare dai pensieri e dalle preoccupazioni e a fine giornata mi ritrovo esausta e con la mente satura di cose, con la percezione chiara di aver fatto tanto, ma senza esserci davvero. Ogni mattina al risveglio, che sia molto presto o molto tardi so' come voglio iniziare la giornata e questa semplice decisione, colora il resto del mio tempo.
Quando consideravo la 'disciplina' una gabbia o il mezzo per farmi sentire 'brava', ero limitata dalla visione piena di giudizi del mio 'sistema di riferimento', adesso non posso dirmi di aver superato queste 'convinzioni' che di tanto in tanto affiorano, ma il valore del metodo ha raggiunto una voce propria che invece di farmi indossare le vesti della 'buona praticante' mi toglie ogni armatura e drappeggio per riportarmi a una leggerezza da cui mi intravedo reale; come ci si pone innanzi al vero amore, senza finzione né trucchi, ma ricchi di quella luce indescrivibile che annulla le distanze e la separazione.
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