Una storiella...e alcune riflessioni di R. Testa

Quando nel 2004 iniziai a studiare il Zhineng Qigong con Li Suping, in uno degli incontri mensili, durante una discussione informale, l’insegnante aveva ripreso un’allieva che si era scusata di qualcosa con l’insegnante stessa. Di questa discussione non ricordo né il contenuto, né le circostanze, ma di certo non si trattava di qualcosa di grave o particolarmente rilevante. Ciò che ricordo è però l’ammonimento che fu dato a questa allieva perché allora lo trovai brutale e non lo compresi. L’insegnante le rispose:
“E' troppo facile scusarsi, bisognava pensarci prima”.
Segue una riflessione su quell’esperienza e sul tema dello scusarsi.
Chiedere scusa è generalmente considerato un gesto nobile e importante, un modo per riconoscere un proprio errore o una mancanza nei confronti di un'altra persona e cercare di ristabilire un equilibrio nella relazione. Tuttavia, non sempre le scuse sono autentiche o portatrici di un reale intento di cambiamento. In alcuni casi, infatti, scusarsi può diventare un atto che cela un comportamento opportunistico, soprattutto quando si verifica con frequenza o in modo sistematico.
Provo a spiegarmi meglio. Immaginiamo una persona che compie ripetutamente azioni o adotta comportamenti che l’altra persona considera sgraditi, dannosi o inopportuni. Ogni volta che queste azioni vengono compiute, sono poi seguite da delle scuse. A prima vista, potrebbe sembrare che ci sia un sincero pentimento. Tuttavia, a un’analisi più attenta, si potrebbe intravedere un sottile meccanismo di manipolazione o opportunismo. La persona che agisce in questo modo potrebbe essere perfettamente consapevole che ciò che sta facendo non è gradito o non è eticamente corretto nei confronti dell’altro,
ma si affida alle scuse come una sorta di "passaporto morale" per rendere accettabili le proprie azioni.
In sostanza, le scuse diventano uno strumento per neutralizzare o minimizzare l’impatto delle proprie azioni, piuttosto che un reale impegno a modificarle. Questo comportamento, a lungo andare, rischia di svuotare il gesto del suo significato autentico e di compromettere la fiducia nella relazione. Chi si trova dall’altra parte, infatti, potrebbe percepire le scuse non come un segno di rispetto o di reale pentimento, ma come un mezzo per giustificare una condotta reiterata che non tiene conto dei suoi bisogni, delle sue emozioni o dei suoi limiti.
Un aspetto cruciale di questo discorso è la dinamica di potere che si instaura: colui che si scusa ripetutamente, pur sapendo di aver commesso un errore, utilizza le scuse per mantenere il controllo della situazione e imporre indirettamente la propria volontà. La persona che accetta le scuse, invece, rischia di sentirsi intrappolata in un circolo vizioso in cui è portata a perdonare continuamente, spesso a scapito della propria dignità o del proprio benessere emotivo.
Pertanto, in questi casi, le scuse cessano di essere un mezzo per riparare un torto e diventano un pretesto per perpetuare un comportamento egoistico, privo di una reale intenzione di cambiare. Questo fenomeno evidenzia l’importanza di distinguere tra scuse sincere, che sono accompagnate da un cambiamento concreto, e scuse strumentali, che servono solo a mascherare una condotta opportunistica.
Caro Ramon, grazie mille per le bellissime riflessioni che ci proponi sempre.
Sai che l’italiano non è mio forte ma oso scrivere queste due righe.
Spesso faccio degli incontri dove includo il tema “scusa”. Quel “scusa” detto come un spruzzo d’acqua santa che bonifica tutto.
Ho una mia versione per le forme senza profondo significato “ti chiedo di scusarmi” oppure “ mi scuso”. Non so quale è corretta ma sento usare tutte e due.
Per me sarebbe corretto dire “mi dispiace”. Non da punto linguistico ma dal punto umano.
Per me dire “mi dispiace” significa che riconosco il torto che ho fatto subire a chi è di fronte. Significa che ho preso coscienza che il mio comportamento produce delle conseguenze…