Il qigong e la pesatura del cuore
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  • Immagine del redattoreMarialuisa Floriani

Il qigong e la pesatura del cuore

Aggiornamento: 27 dic 2023

Riflessione transculturale sui significati correlati al cuore nei riti egizi, nella medicina cinese e nel qigong di M. Floriani #zhinengqigong #cuore #librodeimorti




Capelli sciolti sulle spalle, gambe lunghe infilate in jeans neri, gilè di camoscio su una maglietta, occhi grandi e scuri e tono colloquiale: si presenta così l’attrice protagonista di “Niloblu”, uno spettacolo che intreccia le memorie del nonno egiziano, uno degli 80.000 sfollati senza indennizzo a seguito della costruzione della diga di Assuan, con i miti e le credenze di una civiltà millenaria.


Così, passando da spezzoni di documentari esposti con voce stentorea, a dialoghi rievocativi di un’infanzia lontana con un alter ego proiettato sulla parete, l’attrice ha narrato il mito di Iside e Osiride, per poi soffermarsi a raccontare la pesatura del Cuore (psicostasia – pesatura dell'anima), cerimonia dell'antica religione egizia a cui, secondo il Libro dei morti, veniva sottoposto il defunto prima di poter accedere all'aldilà. A tal fine, durante il procedimento dell’imbalsamazione, mentre gli intestini, lo stomaco, il fegato e i polmoni venivano lavati e profumati e poi inseriti in appositi vasi detti canopi, il cuore veniva lavato ed imbalsamato a parte. Veniva poi riposto nella gabbia toracica del defunto insieme ad un amuleto a forma di scarabeo, simbolo della risurrezione.


Accompagnato da Anubi, dio a testa di canide, patrono degli imbalsamatori e custode delle necropoli, il defunto si presentava davanti al tribunale di Osiride, re dell’eternità, salvatore dei defunti e sovrano del Mondo Inferiore, ed a 42 giudici, ognuno dei quali era preposto a castigare un determinato peccato contro la giustizia e la verità.


Anubi, a volte sostituito da Horus, deponeva il cuore del defunto su un piatto della bilancia, mentre sull’altro veniva posata una piuma di struzzo, simbolo della dea Maat e rappresentazione della giustizia e dell’equilibrio cosmico.


La pesatura era sorvegliata dal dio Thot, dio della saggezza a testa di ibis e patrono degli scribi, che registrava l’esito del giudizio, mentre il defunto recitava le Confessioni negative, cioè negava d’aver commesso ingiustizie o atti malvagi, generalmente di carattere religioso o rituale.


Se il Cuore, gravato da troppe colpe, faceva pendere la bilancia, il defunto veniva divorato dalla dea Ammit, figura ibrida di leone, coccodrillo e ippopotamo, e condannato ad essere annullato per l’eternità.


Se il Cuore risultava più leggero della piuma, la persona era detta Giustificata e considerata giusta di voce (maa herew) o pura di animo, e accedeva alla vita eterna nei “Campi dei Giunchi”.


Il concetto di giusto per gli egizi dipendeva molto da come il defunto aveva imparato le formule del Libro dei Morti. Era altrettanto importante la moralità seguita dal deceduto nella vita terrena, in special modo il rispetto per gli anziani e l’aiuto alle persone bisognose.


Al di là del concetto di giustizia perseguito dagli antichi egizi, strettamente connesso con la visione della vita e del mondo in quel periodo storico in quell'area geografica e funzionale ad uno specifico sistema socio-economico, quello che mi ha colpito durante lo spettacolo e ha continuato a risuonarmi mentre approfondivo gli spunti ricevuti, è stata la domanda che la protagonista ha rivolto a se stessa ed al pubblico:


“Quanto pesa il tuo Cuore?”


Per gli Egizi, la risposta a questa domanda non era una questione marginale, perché in base al peso del Cuore si stabiliva se un defunto poteva accedere all’aldilà o essere perduto per sempre.


Si comprende pertanto sia il trattamento di favore riservato nei rituali funebri al cuore fisico, chiamato khatj, sia l'importanza tributata al cuore denominato jb, considerato nella sua accezione morale, ma anche sede dell’intelletto, della volontà, del giudizio, dei sentimenti, nonché della memoria.


Tutti i sentimenti, gli stati d'animo, i tratti del carattere si esprimono nella lingua egizia con locuzioni che fanno riferimento al cuore, ad es. una persona allegra è definita "lunga di cuore". È il cuore a bruciare nell'avvicinarsi all'amato. Al cuore sono attribuite dagli antichi egizi funzioni generalmente riconosciute al cervello, che, a differenza degli altri organi, non veniva conservato, ma rimosso attraverso le narici con un uncino di ferro prima della mummificazione. Per gli antichi abitanti della valle del Nilo, infatti, è il cuore che pensa ed immagina: in uno dei miti sulla creazione del mondo si racconta come il dio Ptah immagini il mondo nel suo cuore, per poi crearlo pronunciando i nomi degli esseri e delle cose che prima aveva solo pensato: “E’ la lingua che ripete ciò che ha pensato il cuore” (dal testo della teologia menfita). Il cuore era inoltre la sede della coscienza e della memoria, tant'è che esso poteva opporsi al suo possessore e rivelarglisi ostile al momento della pesatura; la formula incisa sul retro dello scarabeo collocato nella gabbia toracica del defunto invitava il Cuore a non testimoniare contro il suo possessore, ma ad intercedere per lui davanti al tribunale dell'oltretomba.


Se da un lato la scienza moderna ritiene che pensieri ed emozioni originino nel cervello (nella corteccia cerebrale i primi, nel sistema limbico le seconde), dall'altro riconosce che il cuore sia altamente responsivo a pensieri ed emozioni e che esista un sistema di comunicazione tra cuore e cervello. Esso si sviluppa attraverso fibre neurali, delle quali ben il 90-95% sono afferenti, cioè portano l’informazione da cuore a cervello.


Il cuore comunica al cervello attraverso altre quattro modalità: neurologicamente, per mezzo della trasmissione di impulsi nervosi, biochimicamente, grazie all’azione di ormoni e neurotrasmettitori, biofisicamente, tramite le onde della pressione sanguigna, energeticamente, attraverso le interazioni del campo elettromagnetico. In particolare, la potenza elettrica del cuore è in ampiezza 60 volte più grande di quella del cervello e permea tutte le cellule del corpo. La componente magnetica del campo del cuore è circa 100 volte più forte del campo magnetico del cervello. La comunicazione tra questi percorsi influenza un ampio raggio di funzioni mentali e la nostra performance.


Il cuore è anche una ghiandola endocrina, che produce l’ANF, il cd. ormone dell’equilibrio, che inibisce il rilascio di ormoni dello stress e influenza motivazione e comportamento, e produce anche significative quantità di ossitocina.


Il cuore possiede inoltre un complesso sistema nervoso intrinseco, un “cervello” contenente circa 40.000 neuroni sensori, che hanno i due tipi di memoria, a breve e lungo termine, come quelli dell’ippocampo. Analogamente ai neuroni cerebrali, i neuroni del cuore sono dotati di plasticità e possono cambiare e ristabilire connessioni.


Sembra quindi che credenze antiche trovino, perlomeno in parte, conferme nella scienza moderna. Un motivo in più per prendere spunto dai saperi e dai rituali egizi, e porci la domanda:


“Quanto pesa il mio cuore?”


Non ci si riferisce qui al cuore anatomico, ma al cuore inteso come coscienza, volontà e memoria, avvicinabile al concetto di anima. Le esperienze della vita ci insegnano che esso può essere più leggero di una piuma di struzzo, o pesare più del piombo.


Se il peso di una piuma è il termine di confronto per accedere alla vita eterna, o, sganciandosi da un'ottica religiosa per traghettare verso una prospettiva etica, sentirsi, considerarsi giusti, non dovremmo attendere la fine della vita terrena per porci questa domanda, ma adottarla come pratica giornaliera, ed indirizzare il nostro modus vivendi verso la liberazione dai pesi superflui, dalle zavorre mentali ed emozionali che ci rallentano nel procedere dell’esistenza.

Dovremmo permetterci di prendere le distanze dall’affanno della quotidianità per vivere il presente. Dovremmo prendere le cose con leggerezza, a cuor leggero.


E qui si insinua il pensare comune, secondo cui il termine leggerezza in senso figurato viene spesso definito come scarsa serietà e frivolezza. La leggerezza è spesso associata ad un giudizio per nulla lusinghiero, soprattutto nei confronti del genere femminile: definire una donna leggera equivale a considerarla di facili costumi.

Ma per fortuna, possiamo decidere di liberarci del peso di questo retaggio culturale, e ricordarci delle parole di due grandi scrittori, uno antico ed uno moderno.

Apuleio, nel II secolo dopo Cristo, scriveva: “Per vivere, proprio come per nuotare, va meglio chi è privo di pesi, perché anche nella tempesta della vita umana le cose leggere servono a sostenere, quelle pesanti a far affondare.”

E nel libro “Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio”, pubblicato postumo nel 1988, Italo Calvino ci suggerisce: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Chiediamoci quindi:

"Quanto pesa il mio Cuore?"

E se lo sentiamo greve e appesantito: “Come possiamo alleggerirlo?”

Visualizzazioni e analogie possono supportare questo intento. Possiamo domandarci:

“Come ci raffiguriamo un Cuore leggero?”

Io immagino un involucro di un materiale prezioso e sottile, impalpabile, e come praticante di Qigong, mi sovviene la metafora del “Cuore vuoto”, concetto centrale nella cultura cinese.


Secondo la Medicina Tradizionale Cinese emozioni reiterate, che ci accompagnano nel corso della giornata e spesso anche della notte danneggiano non solo l’organo o gli organi a cui sono collegate in maniera specifica, ma rendono il nostro Cuore continuamente “pieno”, costantemente impegnato a fare i conti con esse. È un vivere senza concedersi tregua dal martellamento della quotidianità, ma anche dalla tensione verso traguardi sempre nuovi e dal turbinio di impressioni e suggestioni in cui spesso ci rifugiamo nel “tempo libero”. Ci neghiamo così la possibilità di godere della quiete e di lasciar germogliare in noi qualcosa di nuovo, di far spazio a qualcosa di diverso.


Qui, nuovamente, cozziamo contro i nostri stereotipi culturali.

La mentalità occidentale concepisce il Vuoto come mancanza, assenza, staticità. E ne abbiamo paura, lo rifuggiamo, aneliamo al pieno, sinonimo di abbondanza, ricchezza, varietà. Nel pensiero cinese invece il vuoto è qualcosa di dinamico, indica uno stato in cui ciò che arriva non si ferma e, quindi, non ristagna, non riempie, non blocca. È la condizione necessaria affinché eventi ed emozioni fluiscano, intervengano cambiamenti, le cose accadano. Una tazza piena fino all’orlo non potrà essere riempita.

I daoisti insegnano che “Il cuore, come uno specchio, non accompagna le cose che vanno, non dà il benvenuto alle cose che arrivano; risponde, non conserva.” (Zhuangzi, cap. 7). I buddhisti ci mettono in guardia dagli attaccamenti: “Non lasciare che la mente sia turbata da oggetti esterni né che si perda dietro le proprie idee. Sii libero da ogni attaccamento e da ogni timore. Questa è la via per superare la miseria del nascere e del morire.” (Buddha). “Ti è mai capitato di passare inavvertitamente con un tosaerba su una corda? Ci vuole un’ora, se non di più, per districare la corda e per liberare le lame perché possano girare di nuovo come prima. L’attaccamento è così: impedisce il fluire della vita.” (Thich Nhat Hanh)

È un costante invito a non trattenere: lasciar fluire pensieri e emozioni fissi e ricorrenti o disordinati e confusi, allentare la presa da pregiudizi e schemi mentali inveterati, riconoscere i nostri attaccamenti, siano essi a persone, abitudini, ricordi, emozioni, obiettivi, o oggetti; lasciar andare la compulsione all’impazienza, al risultato immediato, al riempire i tempi morti.


Svuotare il Cuore significa eliminare gli impedimenti che rendono difficoltoso il fluire dello Shen, la forma più sottile di Qi, lo spirito divino che scende sull'uomo e si radica nel Cuore, l’intero complesso degli aspetti mentali, emozionali e spirituali dell’essere umano (G. Maciocia, “I fondamenti della medicina cinese”).


Un Cuore vuoto è un cuore sano e sereno, una guida fidata sulla via del Dao, del riconoscimento e del rispetto dell’ordine naturale e spontaneo delle cose, un barcaiolo che naviga seguendo la corrente, senza voler guidare il fiume.


Quanto pesa il mio Cuore?


Come posso svuotare il mio Cuore?




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